https://intreccidarte.unibo.it/issue/feedINTRECCI d'arte2023-01-18T00:00:00+01:00Irene Graziani, Fabio Massaccesiintreccidarte@unibo.itOpen Journal Systems<p><strong>INTRECCI d'arte – ISSN 2240-7251</strong> è una rivista ad accesso aperto che si avvale di molteplici competenze interdisciplinari finalizzate alla conoscenza, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale. Intende offrire agli studiosi uno spazio di confronto e di approfondimento sui temi della storia dell’arte in età medievale e moderna (secoli V-XVIII), alla luce delle più aggiornate metodologie.</p>https://intreccidarte.unibo.it/article/view/16216Per gli inizi della decorazione del Decretum Gratiani: il codice XXV della Biblioteca Capitolare di Vercelli2023-01-13T12:21:51+01:00Gianluca del Monacogianluca.delmonaco2@unibo.it<div class="page" title="Page 1"> <div class="layoutArea"> <div class="column"> <p>L’articolo è dedicato al codice XXV della Biblioteca Capitolare di Vercelli, una copia parzialmente decorata della più antica tradizione manoscritta del <em>Decretum Gratiani</em>, recante in origine il titolo di<em> Concordia discordantium canonum</em>, opera destinata a diventare fin da subito dopo la sua composizione a Bologna entro la metà del XII secolo uno tra i principali testi di riferimento per lo studio e l’insegnamento del diritto canonico nel Medioevo occidentale. Al centro di una vicenda critica piuttosto intricata, il codice vercellese rappresenta un caso particolarmente esemplificativo delle problematiche presentate dai primi manoscritti miniati del <em>Decretum</em> specialmente di area italiana, soprattutto per quanto riguarda il luogo di creazione e la cultura di formazione degli artefici responsabili della decorazione.</p> </div> </div> </div>2023-01-18T00:00:00+01:00Copyright (c) 2022 Gianluca del Monacohttps://intreccidarte.unibo.it/article/view/16217Addenda al corpus del Maestro del Decreto di Avignone (Avignone, BM, Ms. 659), attivo a Tolosa intorno alla metà del XIV secolo: il Liber Sextus Washington DC, Library of Congress, Ms. 282023-01-13T13:06:38+01:00Maria Alessandra Bilottamaria.bilotta@fcsh.unl.pt<div class="page" title="Page 1"> <div class="layoutArea"> <div class="column"> <p>Il manoscritto presentato in questo contributo, un <em>Liber Sextus</em> conservato presso la Library of Congress di Washington DC (Ms. 28), è stato finora trascurato dagli storici dell'arte. L’analisi stilistica dell’apparato illustrativo e decorativo del manoscritto, condotta in questo studio, ha permesso di attribuirlo all’anonimo miniatore detto Maestro del Decreto di Avignone (dal più importante manoscritto da lui miniato, Avignone, Bibliothèque Municipale, Ms. 659), come rivelano le fisionomie dei volti dei personaggi raffigurati nel manoscritto. Questo miniatore, formatosi verosimilmente a Tolosa, attivo tra il 1320 e il 1350, ha molto probabilmente avuto dei legami con i Domenicani della città.</p> </div> </div> </div>2023-01-18T00:00:00+01:00Copyright (c) 2022 Maria Alessandra Bilottahttps://intreccidarte.unibo.it/article/view/16019La Crocifissione di san Pietro di Guido Reni: stile, iconografia e fortuna2022-12-15T16:00:32+01:00Stefano Pierguidistefano.pierguidi@uniroma1.it<div class="page" title="Page 1"> <div class="layoutArea"> <div class="column"> <p>La <em>Crocifissione di san Pietro</em>, commissionata da Pietro Aldobrandini per la chiesa dedicata a San Paolo nell’abbazia delle Tre Fontane (e oggi in Pinacoteca Vaticana), fu l’opera con la quale Guido Reni si impose definitivamente a Roma. Il confronto con Caravaggio fu immediatamente evidente al pubblico romano, ovvero ad una cerchia più ampia rispetto a quella dei soli intendenti, non solo per l’inequivocabile virata stilistica del bolognese, ma anche e soprattutto perché il soggetto era lo stesso di una delle opere pubbliche romane più recenti e problematiche del rivoluzionario lombardo, la <em>Crocifissione di san Pietro</em> di Santa Maria del Popolo; si trattava, inoltre, di un soggetto che era da tempo discusso, e lo sarebbe sempre rimasto, da un punto di vista iconografico. Guido si trovò cioè di fronte ad un compito molto stimolante, e la risposta dei suoi contemporanei, da Ribera al Guercino, fino a Mattia Preti, dimostra come il dipinto venisse da subito giudicato un’opera capitale, il manifesto di un’arte che tentava di conciliare il naturalismo con istanze del tutto diverse, recuperando anche soluzioni della pittura del tardo manierismo romano.</p> </div> </div> </div>2023-01-18T00:00:00+01:00Copyright (c) 2022 Stefano Pierguidihttps://intreccidarte.unibo.it/article/view/16218La crisi della «gran macchia»: il Guercino di Bigongiari2023-01-13T14:40:10+01:00Daniele Benatidaniele.benati@unibo.it<div class="page" title="Page 1"> <div class="layoutArea"> <div class="column"> <p>Il saggio prende in esame il pensiero del poeta e critico letterario Piero Bigongiari (Navacchio, Pisa, 1914 - Firenze, 1997) riguardo il percorso del Guercino. Opponendosi alla lettura tradizionale, che individua due fasi distinte entro il percorso dell’artista, Bigongiari ne sostiene l’interna coerenza alla luce del progressivo raffreddamento della «macchia», un espediente che il Guercino aveva adottato sull’esempio di Ludovico Carracci caricandolo di un significato emozionale. Prosciugandosi, la macchia non perde però il suo potenziale espressivo, ma anzi si carica di contenuti irriflessi e inconsci. L’esempio del Guercino serve a Bigongiari per affrontare criticamente l’attività di alcuni protagonisti della pittura barocca a Firenze, alla quale egli ha dedicato la maggior parte delle sue riflessioni in campo artistico.</p> </div> </div> </div>2023-01-18T00:00:00+01:00Copyright (c) 2022 Daniele Benatihttps://intreccidarte.unibo.it/article/view/16219La mostra come montaggio. Ideologie espositive della fotografia (1920-1929)2023-01-13T14:56:11+01:00Daniel Borsellidaniel.borselli2@unibo.it<p>Sin dalle origini del mezzo, le strategie di allestimento, gli spazi espositivi e la selezione delle immagini alla base delle mostre di fotografia hanno rispecchiato e al contempo stimolato specifiche ideologie del fotografico. In questo contesto, l’articolo discute due mostre svoltesi in Germania tra il 1920 e il 1929 – ossia la <em>Erste Internationale Dada-Messe</em> e l’esposizione <em>Film und Foto</em> – per illustrare alternative concezioni dell’identità della fotografia nel complessivo sistema dell’arte contemporanea.</p>2023-01-18T00:00:00+01:00Copyright (c) 2022 Daniel Borselli