Tra Pietro Aretino e Giorgio Vasari: sfumature per una definizione di miniatura
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2240-7251/10148Parole chiave:
Pietro Summonte, Marcantonio Michiel, Miniatura, Giorgio Vasari, Pietro AretinoAbstract
Tra la fine Quattrocento e l'inizio del Cinquecento la miniatura è entrata nel campo degli interessi collezionistici (come documentato dalla Lettera di Pietro Summonte a Marcantonio Michiel e dalle descrizioni di raccolte fatte da Michiel stesso tra Veneto e Lombardia); poco dopo il termine "miniatura" entra nel lessico letterario con Pietro Aretino: in alcune lettere egli attribuisce alla parola un significato negativo, come copia pedissequa da grandi maestri (una pratica che si era attestata soprattutto grazie a Giulio Campagnola). Diversamente, Aretino intende la miniatura come arte degna di fama quando scrive di Iacopo del Giallo, di cui elogia la tecnica e le abilità. Con Giorgio Vasari, la miniatura entra nel novero delle tecniche degne di essere rappresentate da biografie nelle Vite. Qui Vasari, oltre a formulare apprezzamenti per l'arte nei secoli passati, introduce, in diversi casi, i termini "miniare" e "miniatura" come definizioni tecnico-stilistiche indipendentemente dal campo di applicazione tradizionale: la decorazione libraria su pergamena. Con Vasari, dopo Aretino, si apre una nuova prospettiva nell'apprezzamento di un'arte che, al momento del suo declino, assume un ruolo più ampio (pittura in piccole dimensioni e minutissima) nel panorama delle arti.Downloads
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